ZUCCHERO ‘SUGAR’ FORNACIARI, IN BLUES WE TRUST

Di Gino Morabito

È rimasto lo stesso “Delmo vin a’ ca…” della sua “Diamante”. C’è qualcosa di ideale nella vita e nell’essenza di Zucchero ‘Sugar’ Fornaciari, nella naturalezza con cui unisce lo spirito della provincia e una scala globale che solo in pochissimi musicisti italiani riescono a permettersi.

Tra la Lunigiana e New York, continua a conciliare quelle radici campagnole con i tour mondiali rifuggendo i giovanilismi di mercato e il buonismo dilagante. Una matrice soul mescolata a suoni più attuali, canzoni d’amore e di impegno civile, e l’apertura alla speranza da parte di un uomo alla ricerca. Resta immutata una certezza: in blues we trust.

“Grazie a Dio sono ateo!” come esclama Danny Rose, nel ruolo interpretato da Woody Allen.

«Lo sono ancora. Solo mi è tornata questa antica attrazione per le chiese e per i luoghi di culto, per la spiritualità. Il sacro e il profano mi hanno sempre conteso.»

Irriverente, canta e le canta. Anche contro l’ipocrisia social.

«Tutti quei cuoricini, bacini, la continua ostentazione del volersi bene. Io sono un po’ un orso in queste cose, preferisco una stretta di mano. Diciamo che i social stanno a me come una cravatta al maiale.»

La sua musica si è estesa oltre i confini nazionali, grazie anche alle numerose collaborazioni con artisti internazionali del calibro di Bono, Michael Stipe, Lady Gaga.

«Nell’ultimo periodo, con Bono abbiamo realizzato “Canta la vita”, una nostra versione della sua “Let your love be known”. L’ho eseguita davanti al Colosseo, in occasione della cinquantesima Giornata della Terra. Insieme a Michael Stipe è venuta fuori “Amore adesso!”, con un testo italiano basato sulle parole di “No time for love like now”. L’ho cantata a Venezia, durante la pandemia, in una piazza San Marco completamente deserta. Ho anche partecipato a “One world together”, il concertone organizzato da Lady Gaga.»

Tra gli amici di vecchia data non può mancare Gordon Matthew Thomas Sumner, in arte Sting.

«Ci siamo sempre ritrovati. Quando io vado a New York o quando lui viene in Italia, a Pontremoli. Il primo giorno che ci siamo visti ha deciso di farmi padrino di sua figlia Coco (Eliot Paulina “Coco” Sumner, ndr).»

Un rapporto umano che lega i due musicisti da anni. Tra duetti, live e qualche gustoso aneddoto.

«Mi viene in mente quello durante le riprese di “September”. L’appuntamento era alle sei e mezzo di mattina, mentre io solitamente mi alzo all’una. Abituato sin da piccolo a svegliarsi molto presto per aiutare suo padre che faceva il lattaio, Sting, ancor prima di cominciare a girare il video, aveva già fatto mezz’ora di piscina all’aperto, per tonificarsi. A ottobre inoltrato!»

Sotto il profilo stilistico, la produzione del cantautore emiliano è caratterizzata da una sintesi originale della tradizione melodica mediterranea con elementi tipici del sud degli Stati Uniti d’America.

«La fortuna di avere una carriera artistica lunga è quella di invecchiare bene. I miei esempi sono Johnny Cash, James Taylor, Tom Waits, tanto per citare i primi nomi che mi vengono in mente. Non strizzare l’occhio al mercato discografico, per cercare di essere a tutti i costi giovanile e radiofonicamente attuale. Quando scrivo devo essere libero.»

Come certi brani che lo riportano agli inizi della carriera, ritrovandoli ancora attualissimi.

«Per esempio, con Guccini ho fatto “Dio è morto”. Una canzone degli ultimi anni Sessanta che sembra scritta ieri. La sento tantissimo, come l’ho sentita quando uscì per la prima volta con i Nomadi a Roncocesi.»

Un “partigiano reggiano” con le bandiere rosse nel comò.

«Non mi sento più così rappresentato per quelle che sono le mie origini e l’ideologia con cui sono cresciuto. Oggi è diventato tutto un po’ annacquato. Allora la mia bandiera rossa l’ho messa nel comò, non la sbandiero più di tanto.»

Zucchero ‘Sugar’ Fornaciari, uno che la rivoluzione l’ha fatta davvero, portando il blues a New Orleans.

«Non aspettiamoci più rivoluzioni dal rock! Il suo posto è stato preso dal rap, almeno quello dei primi anni. Forse c’è ancora un po’ di margine per essere rivoluzionari. Se no, diventiamo tutti buonisti.»

Torna con tutta la sua energia negli stadi italiani con “Overdose d’amore world tour”.

«Il concerto per me è un rituale. Io devo suonare, noi artisti dobbiamo suonare. Non critico lo streaming, ma il live è tutta un’altra storia. Il feedback che ti arriva dal pubblico è determinante, ti carica, ti eccita. È energia allo stato puro.»

www.musicaintorno.it

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